Imparare a memoria è utile o inutile?
di ANNA RITA LONGO, DOCENTE DI LETTERE E DIVULGATRICE SCIENTIFICA
«Ma davvero per domani devi imparare a memoria questa poesia?». Marcello frequenta la scuola primaria e i suoi genitori sono rimasti un po’ spiazzati dal compito che gli è stato assegnato dall’insegnante d’italiano. Pensavano, infatti, che le poesie mandate a memoria fossero un retaggio della scuola di altri tempi, quando lo spazio lasciato alla creatività dei bambini era poco o nullo e l’autoritarismo era diffuso e accettato. In particolar modo, da genitori scrupolosi nel seguire il percorso formativo del bambino, pur con la dovuta fiducia nell’insegnante, si chiedono quali siano le ragioni di proporre un esercizio che sembra puramente meccanico. A cosa serve sforzarsi di riprodurre con esattezza delle parole, come piccoli registratori? Che cosa ci sarebbe di formativo?
UNA SEMPLIFICAZIONE IMPROPRIA
In realtà, impostare il discorso in modo manicheo –da una parte gli esercizi intelligenti e “attivi” e dall’altra una ripetizione “a pappagallo”– non è la maniera più opportuna per guardare al problema da tutti i punti di vista. L’educazione è fatta di tanti stimoli differenti, che sollecitano abilità e componenti diverse; la psicologia dell’apprendimento e le neuroscienze hanno contribuito nel tempo a mettere queste ultime in luce. Tra coloro che più si sono occupati del tema c’è il neuroscienziato e matematico francese Stanislas Dehaene, docente presso il Collège de France, il quale, sulla base degli studi condotti con le più recenti tecniche di neuroimmagine, ha cercato di individuare i pilastri di un insegnamento che si basi sulle conoscenze in merito al funzionamento del cervello. Lo scienziato sintetizza i suoi risultati in tredici massime destinate a insegnanti e educatori. Fra i punti cardine c’è senza dubbio l’apprendimento attivo: sollecitare la curiosità di bambini e bambine, la loro autonomia e il loro desiderio di scoperta (pur senza pretendere, con ingenuità, che possano imparare tutto da soli) è importantissimo. Il rilievo dato dai genitori del piccolo Marcello a questo genere di esercizi è, quindi, senza dubbio condivisibile.
PERCHÉ SERVE FARE FATICA
Dehaene pone l’accento anche sul ruolo dell’approfondimento per una comprensione e rielaborazione profonda (un punto che sembra in contrasto con un’attività come la memorizzazione di concetti); il lavoro dovrebbe sempre comportare un certo sforzo, perché l’impegno contribuisce a imprimere tracce più durature nella memoria. Quest’ultimo aspetto appare già un primo collegamento significativo con la questione da cui siamo partiti. La paura che la fatica si traduca automaticamente in scarso piacere nello studio, e in conseguente demotivazione, è una delle ragioni per le quali ci si trattiene dal proporre attività che implicano sforzi di memorizzazione, ma, come si vede, il gioco vale spesso la candela. Sempre dalle neuroscienze viene la raccomandazione di promuovere attività che stimolino l’attenzione e la concentrazione, e si sottolinea l’importanza del ripasso, che favorisce il consolida6mento delle nozioni. Nel corso dell’attività didattica c’è posto per tante sollecitazioni di diverso tipo, senza che la presenza di una dimensione comporti l’esclusione automatica di un’altra.
UN PREGIUDIZIO DOVUTO ALL’ESAGERAZIONE
È di questo avviso anche Cesare Cornoldi, professore emerito di Psicologia dell’apprendimento e della memoria all’Università di Padova ed esperto molto noto a livello internazionale. Tutto, a suo avviso, parte da un pregiudizio consolidatosi negli anni passati per via di un uso improprio ed estensivo della memorizzazione nelle scuole. «La reazione infastidita nei confronti della memorizzazione meccanica – ci ha detto – da parte di uomini di cultura (si pensi a Erasmo da Rotterdam, che si oppose all’uso eccessivo di tecniche artificiose di memoria) o di psicologi dell’apprendimento (ad esempio David Ausubel, che criticava l’apprendimento meccanico) nasce da un ricorso esagerato a questa prassi didattica, tipico soprattutto del passato. C’è il giusto timore che chi apprende in questo modo non elabori il contenuto in maniera significativa e profonda e, inoltre, sviluppi noia e rifiuto nei riguardi delle attività didattiche». Criticare gli eccessi, però, non comporta automaticamente un rifiuto totale del[1]la memorizzazione.
I VANTAGGI DELLA MEMORIZZAZIONE
Continua Cornoldi: «In certe occasioni la memorizzazione parola per parola può avere una sua rilevanza. Possiamo citare tre ragioni principali. La prima è che non sempre la cosa dispiace a bambini e ragazzi, come emerge dal gusto che hanno per la memorizzazione dei testi di poesie e canzoni e dalla risposta affettiva positiva che si associa anche nell’adulto a testi imparati da bambino. La seconda è che uno sforzo esplicito a memorizzare correttamente del materiale induce a sviluppare strategie che poi potranno essere utili anche in altri contesti. La terza ragione è che certi contenuti di conoscenza devono essere acquisiti letteralmente e in modo automatizzato, mettendo in gioco un sistema di conoscenze evidenziato dalle neuroscienze e chiamato “sistema di memoria procedurale”, senza il quale la mente non può funzionare con la fluidità necessaria». Si tratta di quel sistema che costituisce una sorta di memoria implicita che ci viene in aiuto quando dobbiamo svolgere una performance, e che è sostenuto da una serie di automatismi interiorizzati. Al contrario di quanto solitamente si pensa, la memoria procedurale non riguarda soltanto l’esecuzione di azioni concrete: anche la risoluzione di problemi richiede, infatti, che si debba ripescare dalla memoria una sequenza di procedure che si è fatta propria. Se si fa attenzione a evitare gli eccessi e a sollecitare in modo equilibrato i diversi aspetti che compongono il complesso mosaico dell’apprendimento, quindi, non ha senso evitare sistematicamente di proporre a bambine e bambini un esercizio che ha una sua utilità, perché contribuisce a sviluppare capacità che si riveleranno utili anche in futuro.
gennaio 2022 – Fonte: airipa.it –
https://www.airipa.it/wp-content/uploads/2022/02/Uppa_magazine_Imparare-a-memoria.pdf